CODICE DEONTOLOGICO DEI CONSULENTI DEL LAVORO APPROVATO NELLA SEDUTA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL 30/31 MARZO 2000
Principi generali
1 – La deontologia dei consulenti del lavoro è l’insieme dei principi e delle regole etiche e comportamentali che ogni professionista, in quanto iscritto nell’Albo professionale dei consulenti del lavoro, deve osservare nell’esercizio della professione, in forma sia autonoma che dipendente, per dare la migliore risposta alle aspettative della società verso la professione medesima e a garanzia della fede pubblica.
Le presenti norme di deontologia professionale si applicano a tutti i consulenti del lavoro nella loro attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi.
Nell’esercizio di attività professionale all’estero, consentita dalle disposizioni in vigore, il consulente del lavoro italiano è tenuto al rispetto delle norme deontologiche dello Stato in cui opera.
Il cittadino comunitario o straniero, nell’esercizio dell’attività professionale in Italia, quando questa gli sia consentita, è tenuto al rispetto delle norme deontologiche contenute nel presente testo. Le stesse norme si applicano, in quanto compatibili, ai praticanti.
2 – Le norme incluse nel presente Codice hanno carattere vincolante. Ogni azione e omissione in contrasto con esse o comunque lesiva del decoro, del prestigio o del corretto esercizio della professione di consulente del lavoro, costituisce abuso o mancanza ed è punibile ai sensi di quanto previsto dal titolo IV della legge 11 gennaio 1979, n. 12.
3 – In caso di volontaria o consapevole violazione delle norme e dei principi contenuti nel presente Codice deontologico gli organi disciplinari applicano, nel rispetto delle norme procedurali contenute nell’apposito Regolamento, sanzioni adeguate alla mancanza, tenendo conto delle circostanze soggettive e oggettive e della reiterazione dei comportamenti anche omissivi.
La responsabilità disciplinare è personale. Nel caso di esercizio della professione in forma associata o societaria, è disciplinarmente responsabile soltanto il consulente del lavoro cui si riferiscono i fatti specifici commessi.
Valori professionali
4 – Compito del consulente del lavoro è svolgere con probità e diligenza l’assistenza e le prestazioni previste dalla legge in materia di lavoro, previdenza, assistenza sociale, tributaria e quant’altro previsto dalla legge istitutiva nonché le altre attività previste o consentite dalla legge e le relative attività di consulenza.
5 – Costituisce obiettivo primario della professione di consulente del lavoro, al fine di assicurare alla collettività la migliore disciplina delle relazioni di lavoro e delle attività connesse o comunque consentite al consulente del lavoro, il costante rapporto, attraverso gli Enti esponenziali di Categoria, con gli organi legislativi ed esecutivi onde rappresentare le necessità del mondo del lavoro e delle assicurazioni sociali.
Norme generali
6 – Nell’esercizio dell’attività professionale il consulente del lavoro ha il dovere di conservare la propria indipendenza, nonché di operare in modo che l’attività professionale svolta, in forma autonoma o dipendente, sia singolarmente sia nelle forme associative o societarie consentite dalla legge, sia libera da condizionamenti o da interferenze di soggetti pubblici o privati.
7 – Al consulente del lavoro si richiedono probità, decoro e una regola di vita, anche al di fuori dell’attività professionale, tale da non arrecare discredito al prestigio della categoria professionale.
Il consulente del lavoro cui sia imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge penale è sottoposto a procedimento disciplinare, salva e ferma restando l’autonoma valutazione sul fatto commesso.
8 – Il consulente del lavoro deve svolgere i propri incarichi professionali con lealtà, correttezza e fedeltà.
Costituisce grave infrazione disciplinare compiere consapevolmente atti contrari al legittimo interesse del cliente.
9 – Il consulente del lavoro deve adempiere i propri doveri professionali con la diligenza richiesta dalla natura dell’attività prestata.
10 – E’ dovere e, sotto altro aspetto, diritto del consulente del lavoro mantenere il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni ricevute o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza dell’incarico professionale anche dopo la sua cessazione.
Il consulente del lavoro è tenuto, altresì, a controllare che il dovere di riservatezza sia rispettato dai propri dipendenti e collaboratori.
11 – E’ dovere morale del consulente del lavoro curare la propria preparazione professionale ed aggiornare costantemente la propria conoscenza delle discipline che formano la base cognitiva della professione con particolare riferimento ai settori nei quali svolge l’attività.
A tal fine collabora e partecipa ai corsi di qualificazione e aggiornamento promossi dall’Ordine o dalle Associazioni professionali per assicurare un esercizio tecnicamente adeguato della professione nell’ambito nazionale, nei Paesi dell’Unione Europea ed in quelli extracomunitari.
12 – Il consulente del lavoro non deve accettare o proseguire in incarichi quando sia consapevole di non potervi adempiere adeguatamente.
13 – Al consulente del lavoro è consentita l’attuazione di qualsiasi forma di pubblicità esclusivamente rivolta alla corretta informazione al pubblico del titolo professionale e dell’eventuale specializzazione, nonché dell’ubicazione dello studio.
L’informazione può essere data attraverso i diversi mezzi di comunicazione comprese le reti telematiche anche a diffusione internazionale.
E’ comunque vietato accettare o favorire forme di pubblicità da parte di associazioni, enti, organizzazioni, aziende, sindacati o altri soggetti.
Il Consiglio Nazionale può, con propria deliberazione, dettare ulteriori disposizioni in materia, anche in relazione alla evoluzione dei mezzi di comunicazione.
14 – L’esercizio dell’attività professionale deve avvenire con l’espressa indicazione del titolo professionale di consulente del lavoro.
Costituiscono illecito disciplinare l’uso di un titolo di studio o professionale non posseduto e lo svolgimento dell’attività durante il periodo di sospensione.
15 – Il consulente del lavoro deve collaborare fattivamente con il Consiglio Provinciale dell’Ordine provvedendo a segnalare allo stesso ogni caso di abusivismo di cui venga a conoscenza.
16 – Il consulente del lavoro che ricopre, o ha ricoperto, funzioni pubbliche, sindacali o istituzionali di categoria, non deve avvalersi di tali posizioni per procurarsi clientela a danno dei colleghi od altri indebiti vantaggi, né proporsi in veste professionalmente diversa da quella dei colleghi.
17 – Il consulente del lavoro è tenuto a corrispondere regolarmente e tempestivamente i contributi dovuti agli Organi professionali e all’Ente previdenziale.
Rapporto con la clientela
18 – Il consulente del lavoro deve adoprarsi affinché l’incarico gli sia conferito per iscritto.
19 – Il rapporto con il cliente ha natura fiduciaria.
Il consulente del lavoro deve astenersi dall’accettare incarichi che possano determinare conflitto di interessi con altro assistito.
Il consulente del lavoro deve illustrare al cliente i problemi tecnici essenziali consigliandolo sulle decisioni da prendere. E’ tenuto, altresì, ad informarlo sullo svolgimento dell’incarico quando sia opportuno o quando il cliente lo richieda.
Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti all’incarico quando derivi da errore non scusabile o da rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita nonché la mancata stipula di una adeguata polizza di responsabilità professionale nell’ipotesi che il consulente del lavoro sia convenuto dal cliente per danni.
20 – Il consulente del lavoro deve gestire con diligenza il denaro ricevuto dal proprio cliente o per conto del medesimo e ha l’obbligo di sollecita rendicontazione a prescindere da apposita
richiesta in tal senso.
21 – Il consulente del lavoro non deve proseguire l’incarico qualora i comportamenti e le richieste del cliente, o altri gravi motivi, ne compromettano il corretto e dignitoso svolgimento.
Quando il consulente del lavoro rinuncia all’incarico dovrà dare adeguato preavviso, tranne l’ipotesi di giusta causa, informando il cliente degli atti che devono essere adottati in via d’urgenza.
All’atto della cessazione del rapporto professionale il consulente del lavoro deve restituire senza ritardo la documentazione ricevuta dal cliente o comunque formata o acquisita nello
svolgimento dell’incarico.
E’ fatto divieto, in ogni caso, di ritenzione di cose e documenti se non per il tempo strettamente necessario alla tutela dei propri diritti.
22 – Al momento del conferimento dell’incarico, o comunque appena possibile, il consulente del lavoro informa il cliente del compenso richiesto.
E’ possibile pattuire, purché per iscritto, compensi forfettari per prestazioni reiterate o continuative. In ogni caso il compenso, in
relazione alle misure minime e massime previste dalla tariffa professionale, non può essere manifestamente sproporzionato in relazione all’attività prestata, al risultato conseguito tale da ledere il prestigio, il decoro e la dignità della professione e l’interesse del cliente ad una prestazione professionalmente adeguata ed equamente retribuita.
Prima di agire per vie giudiziarie nei confronti del cliente per ottenere il pagamento del compenso professionale il consulente del lavoro deve rinunciare all’incarico.
Nel caso in cui il consulente del lavoro assista una parte in sede di contenzioso, il compenso può essere richiesto alla controparte solo se frutto di preventivo accordo tra le parti medesime e nei casi previsti dalla legge.
Rapporti con gli Organismi di Categoria e con i Colleghi
23 – Il comportamento del consulente del lavoro nei confronti dei colleghi s’ispira al principio della solidarietà, in vista dell’obiettivo di migliorare, mediante una attiva interazione tra di essi, il livello della professione ed esaltare l’utilità sociale e la rilevanza costituzionale delle attività specifiche della categoria.
24 – Il consulente del lavoro collabora attivamente con gli Organismi istituzionali di categoria per il perseguimento dei fini istituzionali, ne segue le direttive, fornisce le informazioni e le notizie in ordine a fatti che ne possano richiedere l’intervento e partecipa attivamente agli incontri degli iscritti all’Ordine.
25 – Il consulente del lavoro intrattiene con i colleghi rapporti professionali, diretti o indiretti, in posizione di pari dignità, nel rispetto dei principi di lealtà, correttezza e collaborazione ed evita, altresì, di arrecare danno al singolo collega e discredito alla categoria. Deve inoltre favorire lo scambio di esperienze e notizie volte ad un qualificato approfondimento delle problematiche professionali e contribuire, attraverso un rapporto attivo con i colleghi, all’elevazione dell’immagine della professione.
26 – Nel caso di assistenza in contenzioso il consulente del lavoro è tenuto a rispondere con sollecitudine alle richieste di informativa del collega che assiste la controparte.
Egli non può mettersi in contatto diretto con la controparte che sia assistita da altro consulente.
Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o intimare messe in mora od evitare prescrizioni o decadenze, la corrispondenza può essere indirizzata direttamente alla controparte; in tal caso copia deve essere inviata per conoscenza al collega di controparte.
Costituisce illecito disciplinare il comportamento del consulente del lavoro che accetti di ricevere la controparte, sapendo che essa è assistita da un collega, senza informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.
Il consulente del lavoro non deve consegnare all’assistito la corrispondenza riservata tra colleghi, ma può, qualora venga meno il mandato professionale, consegnarla al professionista che gli succede, il quale è tenuto ad osservare i medesimi criteri di riservatezza.
27 – Il consulente del lavoro deve astenersi dall’esprimere apprezzamenti negativi sull’attività professionale di un collega e in particolare sulla sua condotta e su suoi presunti errori o incapacità.
Il consulente del lavoro prima di accettare incarichi professionali da clienti già assistiti da un collega, dovrà informarlo della richiesta ricevuta.
L’acquisizione di clientela tramite metodi sleali, millanterie o riduzione dei compensi in difformità a quanto previsto dal precedente art. 22 costituisce illecito disciplinare.
I consulenti del lavoro che curino adempimenti, anche se in materie diverse, per uno stesso cliente, dovranno collaborare in modo tale da non indurre a confronti sul piano della qualità e della tempestività delle prestazioni al fine di sostituirsi al collega.
28 – I consulenti del lavoro devono evitare comportamenti che possano sfociare in controversie con colleghi. Nell’eventualità della insorgenza di queste, ne cerca la possibile composizione amichevole anche ricorrendo agli organi istituzionali.
29 – In caso di decesso o di sospensione disciplinare di un collega, il consulente del lavoro chiamato temporaneamente a proseguirne le funzioni, comunicata la propria accettazione al Consiglio Provinciale, offre per tutto il tempo necessario la massima disponibilità e collaborazione alla definizione delle pratiche dello studio. Analoga disponibilità deve essere manifestata nei confronti del collega in contingente grave e accertata difficoltà a svolgere la propria attività professionale.
30 – Il consulente del lavoro svolge con imparzialità eventuali incarichi arbitrali. Non può assumere le funzioni di presidente del collegio arbitrale quando abbia con una delle parti altro rapporto professionale. Se nominato presidente deve informare le parti di eventuali rapporti professionali con altri componenti del collegio arbitrale e deve rinunciare all’incarico quando tale circostanza ne possa compromettere anche sul piano dell’immagine l’imparzialità.
31 – Il consulente del lavoro favorisce l’inserimento, negli studi professionali, dei praticanti che lo richiedano.
Il consulente del lavoro deve fornire ai praticanti di studio un insegnamento adeguato, curandone direttamente la preparazione e favorendone l’inserimento in un futuro ruolo professionale.
Rapporti con Istituti, Enti ed Organizzazioni
32 – Nei rapporti con i rappresentanti della pubblica amministrazione, degli enti e di tutti gli organismi o organi con cui viene a contatto per motivi professionali, il consulente del lavoro deve comportarsi con dignità e chiarezza, nel rispetto delle reciproche funzioni ed attribuzioni.
Egli non deve in nessun caso assumere o subire atteggiamenti che siano lesivi del proprio decoro.
Verificandosi tali situazioni è tenuto a riferire al Consiglio Provinciale per le conseguenziali iniziative.
33 – Il consulente del lavoro, che si trovi in rapporto di parentela, di amicizia o di familiarità con le persone di cui al precedente art. 32 in nessun caso può avvalersi di tale situazione al fine di trarre vantaggi. La violazione costituisce grave compromissione della dignità professionale.
34 – Il consulente del lavoro che partecipi, quale candidato o quale sostenitore di candidati, ad elezioni ad Organi rappresentativi della categoria deve comportarsi con correttezza, evitando forme di pubblicità ed iniziative non consone alla dignità delle funzioni e dei rispettivi ruoli.
Il consulente del lavoro chiamato a far parte di tali organi rappresentativi deve adempiere l’incarico con diligenza, imparzialità e nell’interesse della collettività professionale.
35 – Il consulente del lavoro nei confronti dei sindacati dei lavoratori e delle associazioni dei datori di lavoro è tenuto, compatibilmente con il proprio mandato professionale, ad un rapporto ispirato alla corretta applicazione delle norme contrattuali e legislative ed alla risoluzione, anche in sede conciliativa, delle controversie.
Rapporti con gli iscritti ad altri Ordini professionali
36 – Il consulente del lavoro agisce con la massima disponibilità e reciprocità d’intenti nei rapporti con gli iscritti ad altri Ordini professionali, onde contribuire con il proprio apporto di cultura ed esperienza al raggiungimento dell’interesse comune nell’ambito dei valori professionali che gli sono propri. Opera altresì per la tutela delle proprie competenze professionali ed il rispetto di quelle riservate agli altri Ordini professionali, per salvaguardare i legittimi interessi dei clienti.
37 – Nei rapporti con gli iscritti ad altri Ordini professionali il consulente del lavoro osserva, in quanto compatibili sul piano della reciprocità, le norme del presente Codice.
38 – Il consulente del lavoro favorisce ogni forma di collaborazione con gli iscritti ad altri Ordini professionali nella realizzazione di tutte le attività volte all’aggiornamento
professionale ed alla repressione del fenomeno dell’abusivismo.
39 – Il consulente del lavoro aderisce, unitamente ai professionisti di altre categorie, alle iniziative necessarie al raggiungimento dei fini istituzionali comuni. Persegue
l’affermazione e lo sviluppo delle libere professioni onde favorire, nella valorizzazione e nel rispetto delle specifiche competenze, una sempre maggiore efficienza, anche a livello comunitario, nell’attività di consulenza ed assistenza.
Norma Finale
40 – Le specifiche previsioni del presente Codice deontologico costituiscono mera esemplificazione e non impediscono la qualificazione come illecito disciplinare di altri comportamenti in contrasto con i principi generali esposti o comunque lesivi del prestigio e del decoro della professione.CODICE DEONTOLOGICO DEI CONSULENTI DEL LAVORO APPROVATO NELLA SEDUTA DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL 30/31 MARZO 2000